Mazzucato: «Allevare hobby per i piccoli». La nostra risposta: «Normale»
Caro Roberto,
ho amici che vanno in barca, qui vicino sul Lago Maggiore, e non hanno mai pensato di guadagnarci. Per la genovese famiglia Costa, per gli Onorato e altri grandi armatori è stata un’altra storia. Questo è ovvio, mi si risponderà. Ma nell’ippica non lo si manda giù o quantomeno non lo mandano giù in tanti. Io invece non ci vedo nulla di male se si alleva con pochi mezzi e tanta passione (e questo vale ancora di più per chi ha i cavalli in pista) e poi si riprendono solo parte delle spese. Mentre chi investe tanti soldi è meglio abbia una prospettiva, altrimenti se i soldi li butta – come da tua parentesi – questi finiscono presto e siamo da capo. Che poi ci debba essere una possibilità di guadagno anche con il figlio di nessuno bene, benissimo, Ma all’interno di un’ottica di gioco, che così divine più intrigante.
Un’ippica di tanti (ma con un reddito extra ippico accettabile, se no è ipocrisia) fondata sulla passione, anziché sull’aleatorio profitto, è un’ippica sana, a mio avviso.
Il problema è che la passione non va mortificata, come invece avviene. Basta vedere certe strutture e ancor più una certa mentalità. Ad esempio aver rinunciato ai colori – salvo poche lodevoli eccezioni – per evitare il disturbo di cambiarsi una camicia è stato criminoso (e tornare indietro sarebbe una riforma a costo zero). La sciatteria di certe premiazioni – ovviamente non penso a casi come Torino o Cesena (che guarda caso hanno pubblico e gioco) – potrebbe essere rimediata anch’essa senza spese. Sono d’accordo con te: a ITS l’aria era discreta. E aggiungo anche le facce erano ben più rassicuranti che in passato, ma su questo ha giocato pure il fatto che il Centro ippico Etrea (sede dell’Asta) non è la sciatta Settimo. E nemmeno era il Grand Hotel, solo c’era il bar con self service al posto del camion con la porchetta. Non c’è tanta differenza? Bene, allora teniamoci il Bar (anche senza dentro l'amico Truccone…).
A.F.