13/11/2015

Santulli a Moscati: «Sandro, che confusione sulla privatizzazione»

di admin

Paolo Santulli, candidato alla vicepresidenza Anact nella "lista” Ferrero, ci ha scritto la nota che segue circa le dichiarazioni rilasciateci ieri dall'avversario, Sandro Moscati, e rivolte a chiarire la sua visione del progetto privatizzazione, una visione decisamente cauta.
Non si trattava di una lettera di Moscati, ma della trascrizione di una chiacchiera fatta con lui. Altra precisazione, come scritto nel testo al quale Santulli fa riferimento, l'allusione al finanziatore che dovrebbe mettere 200 milioni di euro l'anno nell'ippica e che per tanto andrebbe letteralmente santificato (o rinchiuso in manicomio, fate voi) era una mia personale digressione non di Moscati, come del resto ho scritto. Santulli dice che è fantasia pensare che salti fuori uno così. Sono d'accordo, ma dico anche che la sua scontata assenza spiega in ultima analisi perché la delega fiscale sia stata lasciata cadere. Insomma, se costui ci fosse stato, il Parlamento per me l’ippica gliela dava mani e piedi.

Detto questo, mi piacerebbe che i candidati nei prossimi giorni parlassero di temi più legati all'allevamento, quindi al mandato per il quale si candidano. Ne butto lì uno: i due contendenti che tipo di produzione auspicano? Vogliono cavalli importanti, per genealogia e gestione allevatoriale, e che quindi siano destinati a un mercato e a corse d’alto livello? O preferiscono incentivare una produzione in linea con l'attuale tendenza di abbassamento dei premi medi? Ovvero fatta di monte a poco prezzo, di fattrici raccogliticce, di paddock spelacchiati, ma anche di prezzi bassi. E nel primo caso, per ottenere premi degni di investimenti importanti (monte, fattrici, strutture), sono disposti a battersi per una più spiccata riduzione delle corse, visto che il montepremi non lo moltiplica nessuno? Cosa dicono agli ippodromi che a questo punto finirebbero per chiudere? Sarebbe un discorso meno da massimi sistemi rispetto a “più Privato e meno Stato”, ma ben più alla portata dell'Anact. Anche se, a differenza dei massimi sitemi, prevede risposte elettoralmente scomode. Ma per la gente comoda, qui Moscati e Ferrero concorderanno, non c'è più posto: adsso ci vuole quella coraggiosa.

Alessandro Ferrario

La lettera di Paolo Santulli
Non possiamo, a fronte di quanto espresso sul vostro sito dal candidato presidente Anact Sandro Moscati, non sentire la necessità di spiegare quali sono le strade che si possono intraprendere per instaurare un sistema diverso da quello attuale, che riesca a gestire con efficienza il settore e produrre con efficacia le risorse che lo possano rendere prospero.
Pensare ad un finanziatore benefattore dell’Ippica, come illustra Moscati, che ci dia 200 milioni all’anno, equivale a illudersi che domani sbarcano gli extraterrestri e risolvono tutti i problemi del pianeta.
Il fatto è che Moscati non crede alla privatizzazione e lo ha detto a chiare lettere all’assemblea di Milano, senza che il collega Benini, socio della Lega, che fa della privatizzazione un suo cavallo di battaglia, battesse ciglio.
A Padova, anche a nome di Ferrero ed Eigenmann, il sottoscritto ha ripreso il concetto, per stanare le vere intenzioni di Moscati, che non ha assolutamente replicato.
Allora chiariamo il concetto:
Un ente pubblico, nel nostro caso il MIPAAF, nella migliore delle ipotesi gestisce bene le risorse, ma per definizione non osa, non rinnova, non rischia, non intraprende ed è destinato alla mediocrità se non, come spesso succede in Italia, a grosse perdite.
Un sistema privatistico invece è strutturato per l’ottimizzazione di costi e dei benefici, ha, per vocazione, la necessità di produrre, trovare, reperire, andare a cercarsi le risorse, dove queste ci sono, in particolare in tutte le realtà sportive o legate all’intrattenimento.
Abbiamo un prodotto che tira dobbiamo saper trarre, secondo logiche di Mercato, tutti i proventi possibili.
Facciamo un esempio che possa rendere l’idea: è noto a tutti che il Pmu ( organizzazione che opera in Francia per la gestione delle scommesse ) è interessato, anzi, molto interessato, a comprare le corse italiane.
Eebbene, confrontiamo la realtà attuale italiana (gestione pubblica del Ministero) con quella di un organo/struttura gestita in maniera privatistica dagli operatori (tutti) del settore.

  1. Il sistema attuale (pubblico/Ministero) non riesce a dialogare con una Azienda (gestita in maniera manageriale privatistica come il Pmu), non risponde probabilmente neppure al telefono, né tantomeno garantisce un prodotto fresco e trasparente (anzi, tutt’altro) ed in sostanza “fattura” una cifra irrisoria e non si preoccupa minimamente di cogliere al massimo le opportunità che il Mercato offre (ricordate questa parolina magica quasi mai usata nel nostro settore: Mercato).
  2. Un sistema gestito in maniera privatistica, come avviene in tutti i sistemi ippici e sportivi del mondo, corteggerebbe il potenziale cliente facendo incrementare il business, magari in maniera reciproca, magari anche rispondendo a specifiche esigenze di orario, di contesto, di spettacolarità, di sostegno comunicativo, di immagini televisive, di certificazioni del prodotto e di altre mille diavolerie che contestualmente valorizzerebbero il prodotto sportivo ed incrementerebbero l’immagine e la popolarità delle “Corse dei Cavalli” oltre che il “fatturato”.

Come si fa a raggiungere questa capacità? Molto semplice, organizzarsi come una Azienda, assumere manager di livello e giovani competenti e dinamici. Certamente non lasciarla in mano ai vecchi babbioni che ancora ritengono di essere “utili” al settore dopo i danni che hanno fatto.
Non dimentichiamo che il Mercato ha sempre ragione e che le opportunità di rendere Business tutto quello che ha a che fare con l’emozionalità di quel protagonista assoluto che si chiama Cavallo e l’attrazione che potenzialmente contiene questo magnifico sogno, il sogno del Campione, sono immense.
Certamente non vengono colte da un sistema gestito con pressapochismo e la chiusura mentale che ci contraddistingue, non parliamo poi della burocrazia… e crediamo che l’Italia rappresenti oggi il miglior esempio di quello che non si deve  fare.
Per salvare l’Ippica italiana sono necessarie nuove soluzioni, bisogna farlo subito, finchè si è ancora in tempo.
Rimanere vincolati, esclusivamente, ai finanziamenti dello Stato è una morte annunciata.
L’Ippica ed i suoi imprenditori possono, sanno fare di più, ma bisogna voltare pagina, rinnovare e rinnovarsi.

Grazie e cordialità
Paolo Santulli