09/06/2013

«Brighenti sarebbe piaciuto a Bukowski». Di Paolo Allegri

di admin
Per raccontarlo forse ci vorrebbe una canzone con il sentimento e l'ironia di Enzo Jannacci o con la forza del mito di Francesco Guccini. Dal dopoguerra agli anni Ottanta ha scritto la storia delle redini lunghe. Sergio Brighetni guidava con la voce e con due mani d'oro. Quel "Vai!" per incitare il cavallo sull'ultima curva o all'inizio della dritta finale, è rimasto scolpito nella sabbia degli ovali del trotto e nella memoria degli appassionati. Andavi a San Siro soprattutto perché c'era lui, il Pilota. Andava in testa quasi sempre, perché amava dire "in testa hai mezza corsa in tasca". Insieme a Walter Baroncini e William Casoli formava quella BBC di grandi driver italiani di quella splendida epoca tra gli anni Cinquanta e il Sessanta.
Era anche il tempo di Tornese, il suo capolavoro. Tornese e Brighenti, una coppia che trascinava la folla. Tornese che per sette anni ha dominato la scena del grande trotto, Sergio l'uomo dei sogni, che ogni volta che andavi alle corse ti incantavi a guardarlo guidare.
Nato a Castelnuovo di Sotto, in provincia di Reggio Emilia, il 25 maggio 1921, Brighenti fa il suo ingresso nel mondo dell'ippica a 16 anni, quando diventa allievo di Paolo Jemmi a San Siro. Il vero debutto a 18 anni sarà l'inizio di un racconto esaltante, 5.150 le sue vittorie e un album straordinario di gran premi e campioni. Anche se per molti resterà sempre il driver dalle mani magiche di Tornese (foto sotto), quel magnifico sauro dalla criniera chiara, quasi una colata d'argento. Pare ancora di sentirlo Sergio con quel suo vocione reso roco dalle tante sigarette affermare: "Finisce che resto solo il guidatore di Tornese", il giorno che il sauro volante lasciò definitivamente la scuderia.

Eppure quel Pilota indimenticabile di campioni ne ha forgiati e guidati: Ticino, Oriolo, Brunico, Freddy, Delfo, Song and Dance Man, Lanson. Delfo, il campione del mondo nella magica notte di New York, estate del 1977. Era la corsa piu' internazionale e prestigiosa dell'epoca, l'International Trot. Quella volta il cavallo genio e follia rigò dritto, nessuna divagazione, ad orecchie dritte a divorare la dirittura d'arrivo per battere il favorito atteso, il francese Bellino II. Gli italiani d'America che sventolano il ticket con il numero di sellino di quella coppia magica, Delfo e il Pilota che avevano interpretato la corsa perfetta, la corsa della vita, l'atmosfera da fiaba di quando diventi un campione del mondo e finisci sulla prima pagina della Gazzetta dello Sport. Un sogno, le luci al magnesio che illuminano la pista e il profilo di Delfo che corre veloce sulla dirittura del Roosevelt e non si ferma mai, con quell'omino sul sulky che ha guidato con tutta la sua abilità tattica, con la sensibilità nelle mani e la lucida armonia di una corsa che sai che vale un titolo mondiale ed e' un treno che non ripassa. Un uomo e un cavallo vestiti del tricolore: eroi di una notte che fa ancora vibrare le corde del nostro entusiasmo, quel trottatore e quel driver dalle mani d'oro ambasciatori d'Italia negli Stati Uniti per far conoscere alla gente che l'ippica e' un grande sport. Brighenti che con i numeri uno aveva un talento speciale. Era già successo con la criniera bionda di Tornese che aveva portato al successo in tutto il mondo. Il Pilota lo ha guidato 131 volte con 86 successi, 2 all'estero. Brighenti era San Siro come lo erano Rivera e Mazzola nella Milano del calcio rossoneroazzurra. Sei volte l'Encat, 2 Gran Premi d'Europa, 2 volte il Nazionale, 1 Gran Premio Orsi Mangelli, il Nazioni 1959 con Tornese, 3 volte il Gran Criterium, e' lo score di Sergio nei gran premi di quella che fu la stagione d'oro di San Siro. Il famoso brindisi in Piazza del Duomo a Milano, in occasione dell'addio alle corse di Tornese, e' l'immagine che resterà immortalata nella storia della città. Era il 13 gennaio 1963. Non era di moltissime parole, Sergio. A San Siro poteva regalarti qualche confidenza quando alla mensa sorseggiava un bicchiere di whisky, il "carburante" – come lo chiamava lui – per difendersi dal freddo. E lui la scaldava la platea. Potevi girare le spalle alla pista, le luci accese, la macchina in movimento, poi il boato della tribuna. Chiedevi: "Chi e' andato in testa?". La risposta era scontata. "Che domanda, è andato il Pilota, no?" In testa ci va sempre il Sergio"…Questo era Brighenti, il maestro dei maestri. 

Uno che sarebbe piaciuto a Bukowski.

Paolo Allegri

Clicca qui per conneteriti al video dell'Addio di Tornese alle Corse in Piazza Duomo con Brighenti (si ringrazia Francesco Filomena)