21/12/2018

Dicono (un’altra volta) che Capanelle chiude. Ma anche no… (diciamo noi)

di admin

Hippogroup Capanelle vuole passare la mano e in un comunicato ha annunciato che dal primo gennaio cesserà di gestire Capanelle. Il motivo il nuovo canone d’affitto che l’Amministrazione raggi ha fatto passar – con effetto retroattivo – da 66.000 € annui (prezzo evidentemente “politico”) a 2.5 milioni (prezzo non politico ma insostenibile).
Potrebbe però non andare a finire così, a dispetto del pianto inscenato pure da Gigi Proietti in un'intervista ad Adn Kronos. La questione dell’affitto dell’ippodromo è annosa, dai tempi di Alemanno il canone dell’impianto che è di proprietà del Comune è stato condonato, modificato, soprasseduto un sacco di volte. Ora Hippogroup dice di smettere, ma contemporaneamente si propone di mettersi al servizio del Comune, “con tutto il nostro Know How e attrezzature”, per proseguire la gestione qualora il Comune volesse continuare in proprio l’attività ippica. Così in pratica la Società che faceva capo al recentemente scomparso Tomaso Gassi, da debitrice finirebbe creditrice. Dal canto loro le opposizioni, specie quelle del Carroccio, dicono che Roma non può restare senza ippica. Maurizio Politi e Flavia Cerquoni, rispettivamente capogruppo in Campidoglio e consigliera del VII Municipio della Lega, ohanno rilasciato interviste ai siti locali parlando di perdita di posti di lavoro, di aree che verrebbero abusivamente occupate ecc. E chiedono il solito mitico Tavolo nel modello Ippica Roma Capitale.

Inoltre si è mossa anche la Snai – che di Hippogroup Capanelle è piccolo azionista – con l'ad di Sanitech. Fabio Schiavolin, che ha rilasciato dichiarazioni di cordoglio per la fine dell’ippica capitolina di questo tenore: «Noi (Sanai, ndr) che gestiamo e siamo anche proprietari di tre strutture di corse ippiche, una a Montecatini e due a Milano, sappiamo quanto sia difficile al giorno d'oggi gestire impianti».  
Insomma, il pallino ora è in mano della sindaca, la pentastellata Virginia Raggi, che però non lo ha certo messo in cima all’agenda. Quindi tira aria dell’ennesima, traballante, soluzione ponte. Tanto più che se si guarda alla storia recente, hanno sì chiuso tanti allevamenti e scuderie,  ma ben pochi ippodromi, come ci segnano i casi di Napoli e Padova.  (AF)