16/04/2019

ALBERTO SILIPRANDI, allevo, faccio i conti e risparmio sul personale (e vince)

di admin

di Filippo Lago – L'allevamento italiano è conosciuto in tutto il mondo per la sua qualità. Un lavoro di selezione e di miglioramento iniziato da anni che quotidianamente dà i suoi frutti anche all'estero. Lo sa bene Alberto Siliprandi, noto allevatore che grazie ai targati “FI” sta attraversando un buon momento. Il suo quartier generle, importante anche per l'ampiezza dei paddock, è a Noceto, in provincia di Parma. 

Alberto, come nacque la passione per i cavalli?
«Nella mia famiglia i cavalli hanno sempre avuto un ruolo importante. In origine fu mio nonno, che di professione faceva il commerciante, ad impiegarli come mezzo di trasporto. Mio padre ereditò la stessa passione, tenendo in una piccola azienda agricola alcuni cavalli, che altrimenti venivano destinati alla macellazione. Rra una specie di "Rifugio del cavallo”, ben prima che l'animalismo lo inventasse».

Era arrivato il motore… Come arrivò il trotto in casa vostra?
«Mio padre iniziò a portare a casa anche alcuni trottatori. Una delle prime fu Baifia, una cavalla con carriera agonistica, morfologia e genealogia piuttosto insignificanti. In razza però si mise in luce con una campionessa: Valentina FI. ma stiamo parlando di una V del 1995. Fece 33 corse, ne vinse 12. Il record è di 13.2, che allora significava andare davvero forte. Infatti vinse oltre 600 milioni delle vecchie lire. Vinse le Oaks, il Mangelli Filly e il Cacciari e il Carena, a due anni vinse il Gran Criterium Filly. Era una campionessa. Il padre era Atas Fighter L. ».

A quali dei suoi cavalli è maggiormente legato?
«Valentina FI fun il primo amore e quallo non si scorda. Successivamente si misero in evidenza altri soggetti buoni come ad esempio: Geremia FI, capace di vincere anche il Berardelli e di oltrepassare i 110.000 € in carriera; Melissa FI, una cavalla la cui carriera agonistica fu condizionata da un problema fisico; Radiofreccia FI plurivincitrice classica capace di sfiorare i 500.000€ in carriera. E adesso c'è Zabul FI, fresco vincitore del Città di Padova, oltre che del Giovanardi e protagonista di altri importanti piazzamenti come ad esempio il terzo posto nel Derby, il secondo nell'Elwood Medium, terzo nel Maschio Angioino…»

Zabul FI, un successo del suo allevamento inaspettato. Vero?
«Direi di sì, da piccolo si presentava con meno fisicità rispetto ad altri  con i quali condivideva il paddock, non rubava l'occhio. Ora è diventato un bel cavallo».

 

Qual'è la missione per un allevatore oggi, in un momento cosi delicato?

«Purtroppo politicamente possiamo influire poco. L'ambiente è slegato e l'obiettivo sembra non essere comune. Tuttavia il problema maggiore sono i costi che corrono quotidianamente mentre gli incassi non sono altrettanto certi».

Come riesce un allevamento di piccole o medie dimensioni a fronteggiare la crisi attuale?
«Non è facile, prova ne sia che alcuni tra i più importanti e storici allevamenti italiani nel corso degli ultimi anni hanno chiuso. Se di segreto si può parlare, è quello di ottimizzare i costi, talvolta contando sul proprio lavoro e riducendo le spese del personale».

La scelta degli incroci è un punto fondamentale…
«Per quanto mi riguarda è necessaria una scelta basata sulle mie possibilità economiche, in relazione comunque agli obiettivi. Perciò è sempre necessario un compromesso tra volontà e possibilità».

Come per qualsiasi azienda, il canale di vendita è di fondamentale importanza. Qual'è la strategia di vendita da lei preferita?
«Fino a qualche anno addietro partecipavo alle aste Anact. Oggi preferisco concentrarmi con la vendita “diretta” in allevamento. Ciò mi rende anche più sereno perché mi permette un approccio diretto con il cliente».