26/08/2014

Alle corse in Italia si perde tanto perché pochi prendono troppo

di admin

Di Mario Alderici – Il prelievo sul montepremi delle scommesse (peraltro non esposto al pubblico che scommette) è assurdamente iniquo e non ha eguali nel resto d’Europa. Questo fa sì che in Italia si perda più che all’estero, con ovvia ripercussione sulla popolarità dell’ippica. Lo scommettitore infatti deve far fronte ad un prelievo sulle sue scommesse di oltre il 30%, una percentuale assolutamente insostenibile. E ciò porta con sé tutte le conseguenze del caso: aumento dei “clanda” che, non pagando tasse, possono agevolmente proporre quote più appetibili pur mantenendo ottimi margini; volume di gioco che prende la strada dell’estero dove è possibile scommettere a condizioni più eque; giocatori che migrando verso altre scommesse magari meno entusiasmanti (ma quanto poco si fa per raccontare l’ippica, il che contribuirebbe a renderne il gioco comunque più appetibile…), ma dove la percentuale di prelievo non è assurda, tipo la roulette, ma anche gli altri sport, come calcio o tennis.

Chiedere troppo è farsi male da soli
L’eccessivo prelievo fiscale e di retribuzione dei concessionari alla raccolta (in pratica l’esosità di chi vende la scommessa e del fisco che la tassa) danneggia in primo luogo lo Stato stesso, poiché impedisce il miglioramento dell'economia del sistema ippico e non invoglia eventuali nuovi scommettitori a tornare all’ippodromo. In pratica manca il volano per rilanciare l’ippica.
In qualsiasi campo, l'abbassamento dell'imposizione fiscale aiuta lo sviluppo dell'attività connessa. È un principio di economia liberale che ha sempre funzionato. Infatti una diminuzione della percentuale di prelievo aumenterebbe in maniera inversamente proporzionale il volume delle scommesse, quindi l’ammontare del prelievo diminuirebbe solo percentualmente ma non numericamente In soldoni allo Stato arriverebbe la stessa cifra se non di più: è meglio avere il 20% di cento (ovvero 20), che il 30% di 10 (ovvero 3).
Perché abbassando il prelievo si dovrebbe passare a un maggiore volume di gioco, nell’esempio simbolizzato da un 10  contro 100 (anche se ovviamente non pretendiamo tanto). Questo perché lo scommettitore quando vince rigioca e torna (incrementando anche l’indotto dei servizi, bar, ristoranti, magari si potrebbero anche reintrodurre gli ingressi, almeno per particolari zone). Inoltre diminuirebbe la possibilità per i “clanda” di proporre quote molto più alte rispetto al totalizzatore nazionale, con ovvi vantaggi di pulizia dell’ambiente.

Tutti a sfruttare lo scommetitore. Che è invece Tesio chiamava Mecenate
Ma purtroppo lo scommettitore è da sempre trattato come una mucca da mungere. Quando si tentò di creare una associazione (ricordo con piacere la Lasi, creata da ragazzi napoletani e che forniva anche assistenza legale gratuita in caso di controversie) che ci rappresentasse tutte le categorie ippiche (chi più, chi meno) ci boicottarono in tutti i modi. Perché? Perché i concessionari, Snai in testa, contro l’ippica e i suoi centri di informazione (e per questo spesso si avventano sui social network e sui siti internet veramente liberi).
Se l'Italia non avesse adottato per le scommesse ippiche la teoria del porcello all'ingrasso. Ma avesse elaborato in piano industriale serio che prevedesse la crescita e non la mera speculazione, non ci troveremmo nell’attuale crisi. Perché più aumenta il prelievo (o le tasse in generale) più va in crisi il sistema e l'ippica intera perché si uccidono i pollastri che depositano le uova.
Il governo inglese, nella finanziaria di due anni fa si rese conto che gravare il puntatore di un 9% sul movimento faceva il gioco dei ‘clanda’ e delle compagnie off-shore che non caricavano neppure un penny alla voce imposte. E dalla sera alla mattina ha avuto il coraggio di azzerato quel 9%. Perché hanno capito che nel giro di tre o quattro anni la situazione sarebbe diventata ingovernabile e allora, meglio tagliarsi il braccio che vederlo finire in cancrena! Risultato: le scommesse ippiche inglesi sono aumentate di oltre il 50% e vanno a gonfie vele!
Negli Usa, anche al cinodromo e comunque dove si gioca, all'uscita c'è sempre un bel cartello di ringraziamento per i "Patrons", ovvero lo scommetitore, quello che Federico tesio chiamava il Mecenate. Ora, chi in Italia ringrazia noi scommettitori ringrazia noi scommetitori?

Per rinascere bisogna far vincere di più
Più che a pensare a nuovi giochi la promozione – più una scommessa è esotica (ovvero complessa) più è una lotteria che mortifica la competenza e la conoscenza sul campo – per far tornare gente negli ippodromi a scommettere, una riforma seria non può prescindere dalla riduzione del prelievo e quindi da  un intervento del Ministero delle Finanze. Altrimenti ci troveremo a vendere, in un mercato che va liberalizzandosi, un prodotto ad un prezzo assolutamente non concorrenziale. E così saranno sempre più le persone che usciranno dagli ippodromi rispetto a quelle che entreranno, per un motivo di base: perché in Italia alle corse dei cavalli si perde troppo!