26/05/2021

Ricordando Adelfio Cecchi

di Mario Alderici

Manca una grande corsa che ricordi Adelfio Cecchi e allora lo facciamo noi da queste pagine servendocio dei ricordi del Grande Antonio Berti.

Con una passione ippica a 360 gradi Adelfio, di Campi Bisenzio, era allevatore, proprietario, allenatore e guidatore.

Quando ero bambino uno dei miei idoli (dopo il mitico Sperlak e Nello Bellei) era il bianco (grigio, ma in età avanzata diventava sempre più bianco) Aiuto, figlio di Cinquale e Altagrazia, veloce allievo di Cecchi che vinse diverse corse con qualche centrale e che (lo vediamo nella foto) era un cavallo imponente che correva con la coda dritta con una grande punta di velocità.

L’alluvione del 1966 affogò tutti i cavalli di Adelfio, tra i quali la sua adorata Campigiana. Se ne salvò una sola: Maristella, una puledrina che aveva iniziato la carriera vincendo e che, come gli altri, era chiusa in box a Le Mulina e fu sommersa dall’acqua, ma non si perse d’animo e facendo leva con i piedi sul bordo della porta bassa del box riuscì a tenere fuori la testa dall’acqua nel disperato tentativo di salvarsi la vita. Fu una lotta di ore ma Maristella, con tanti lividi sul corpo, riuscì a salvarsi anche se le ferite riportate non le consentirono di continuare la carriera di corse; diventò fattrice dando alla luce il grande Pistillo che vinse l’Etruria per i colori dell’empolese Antonio Vezzi e la guida di Vivaldo “Decione” Baldi. Dopo l’alluvione la scuderia Kyra della signora Salvini regalò (a un prezzo simbolico di amicizia) ad Adelfio Sernaglia che in seguito vinse tante corse. Riprese così l’attività di Adelfio Cecchi che ebbe altri buoni cavalli: oltre al già citato Aiuto va ricordato Venerdì che (come apprendiamo dalle memorie di Antonio Berti) aveva il difetto di essere pauroso; in realtà aveva paura del buio, Adelfio lo capì e mise un lumicino in alto nel box e con la luce Venerdì si tranquilizzò e prese coraggio; diventò un buon cavallo da corsa e un buono stallone, padre di Coriolano, di altre cavalle di Cecchi come Nisba e Fenata, di Detigress e Deviosaf (se non vado errato in training entrambi da Alfredo e Roberto Biagini), e Fallot (se la memoria non mi inganna da Salvatore Mattera). Ci sono poi da ricordare l’alterna Azambuja a segno nei centrali e il velocissimo Alessano curato con grande mestiere, passione e esperienza da Adelfio.

Lasciata l’ippica non mise più piede in un ippodromo e si dedicò all’altra sua grande passione, il biliardo.

I colori di Adelfio (oltre a quelli della scuderia Covas, che aveva in società, giubba verde con bracciali e C rossa sul dorso) furono quelli in proprio (le ultime due cavalle Fenata e Condiera che Adelfio affidò nelle ultime corse a Vittorio Vespa): giubba nera, casco rosso e due stelle dietro all’altezza delle scapole rigorosamente rosse perché Adelfio, da vero campigiano, era comunista fino all’osso. Vedendolo con quella divisa un signore del nord gli chiese: “E’ di Mosca lei?”, “No, so’ di Campi!”.   

Adelfio ci ha lasciato nel 2008 a 88 anni per le conseguenze di una caduta con rottura del femore e successive complicazioni polmonari.