13/12/2020

Ricordo del Grande Antonio Berti

di Mario Alderici

Questo 2020 bislacco e deleterio si è portato via una grande enciclopedia ippica, un giornalista con la schiena ritta che ha sempre raccontato i cavalli e le corse con un trasporto emotivo e appassionato che ti trascinava; Antonio Berti. Sono sempre stato affascinato dal modo di scrivere di Antonio Berti e non nego un certo orgoglio quando iniziai a scrivere e mi dava consigli su come scrivere di ippica; così come quando era in fila al totalizzatore con l’inseparabile Signora Nadine per giocare la trio e mi chiedeva consiglio o parere su un cavallo; una cosa a cui ho dovuto stare attento (per non buscarne) era l’ordine in cui lavorava, mi ha sempre accolto come un amico in sala stampa ma talvolta preso dall’enfasi delle corse prendevo al volo le veline dei cronometristi e (essendo disordinato) mi dimenticavo di metterle in ordine di corsa rischiando la lapidazione in sala stampa, o  quando prendevo il primo Trottosportsman che mi veniva a tiro e Vieri si affrettava (sapendo come nell’entusiasmo per le corse trattavo i giornali) a darmi il suo “Tieni, tieni il mio, quello è del mì babbo, se glielo spiegazzi tu le buschi!”.

Ma chi era Antonio Berti?

Antonio Berti nacque a Firenze il 24 gennaio 1932. Quando era all’Università si impegnò con grande passione in politica, raggiungendo ottimi risultati (stiamo parlando a livello universitario), diventando Presidente dell’Organismo Rappresentativo dell’Università di Firenze (ORUF).  E fu anche eletto nella Giunta dell’UNURI (di cui era vicepresidente Bettino Craxi), considerata una sorta di “Parlamentino” dei giovani universitari. E spesso, per le frequenti riunioni dell’UNURI che si tenevano a Roma, Berti frequentava la Capitale e, ovviamente, immancabile, era la scappata all’ippodromo di Villa Glori. Insieme a lui a Roma, alle riunioni dell’UNURI, c’erano i vari rappresentanti delle Università italiane, fra cui anche Pasquale Nonno, del quale Berti diventò grande amico perché entrambi appassionati di corse al trotto. E insieme, quando possibile, nelle varie riunioni che potevano essere, oltre che a Roma, anche a giro per l’Italia, cercavano di far coincidere il tutto con una scappata all’ippodromo più vicino. Tanto che Pasquale Nonno, diventato poi lo storico direttore di “Il Mattino” di Napoli, dedicò a Berti (nonostante non si vedessero da tantissimi anni) uno spazio nel suo libro “Per gioco”, una raccolta di pensieri sui personaggi (politici, ma non solo, appunto) incontrati in una vita. E diceva che ne era anche un po’ invidioso (in tono simpatico, naturalmente), e l’essenza è questa:

“Non sono invidioso di nessuno, ma da ragazzo, all’Università, io e il mio amico Antonio Berti, entrambi Presidenti dei rispettivi Organismi Rappresentativi delle Università (io di Napoli, lui di Firenze), avevamo entrambi un sogno: fare i giornalisti. Ed avevamo entrambi una grande passione: l’ippica. Lui è riuscito a mettere le cose insieme. Come non invidiarlo…”

Berti ha lavorato per riviste e giornali quotidiani, uno fra tutti “Il Nuovo”, il primo quotidiano tabloid uscito in Italia, prima ancora di “La Repubblica”, del quale era il caporedattore, ma il quotidiano purtroppo, pur riscuotendo successo, non avendo alle spalle qualcuno, non ebbe lunga vita. Tutto questo per dire che Antonio Berti è stato giornalista ippico, ma non solo.

Antonio Berti iniziò ad andare ai cavalli alle Cascine, ma i purosangue gli piacevano all’insellaggio e al tondino, la corsa al galoppo lo entusiasmava poco; preferiva altri sport: l’automobilismo e le Mille Miglia, il ciclismo e Bartali e il calcio e la Fiorentina. Ma, trascinato dagli amici, il 1 ottobre 1950 Antonio varcò i cancelli de Le Mulina e per il trotto fu amore a prima vista: fu colpito dalla vivacità della corsa, dalla partecipazione e dall’entusiasmo della gente, dal colore dei protagonisti e da tanti aspetti positivi che intuì e scoprì in seguito. Il tempo tra una corsa e l’altra Antonio lo passava sulla curva di destra dove c’era la prima fila di scuderie protette da una rete: era quella di Guido Nesti (con i figli Augusto e Romano) e Antonio attaccato a quella rete vedeva la preparazione precorsa affezionandosi a quei cavalli di Nesti che sentiva anche un po’ suoi. In seguito Berti diventò giornalista continuando a tifare i cavalli di Nesti con il quale nel frattempo era nata una grande amicizia (anche se come driver il più grande idolo di Antonio fu Vivaldo Baldi). L’amore di Antonio Berti per l’ippodromo de Le Mulina di Firenze che l’aveva tanto conquistato fu per sempre: abbandonò, non senza dolore, le Mulina solo il 27 marzo 2012 quando l’ippodromo chiuse i battenti; quasi 62 anni di fedeltà assoluta. 

Berti ha cominciato a scrivere di ippica nel 1962, sul giornale “Galoppo e Trotto” (il “padre cartaceo” dell’attuale Gaet) di Italo Marchi, del quale aveva una grandissima stima. Poi, nel 1964, ci fu l’occasione di entrare al “Trotto Italiano” (allora si chiamava così) e da allora, per ben 56 anni (penso un record), ha continuato a scrivere articoli fino al 10 settembre scorso. Ma ha scritto per tantissimi anni anche per altre riviste del settore come “Il Trottatore”, “Cavalli in pista”, “Tuttotrotto”, “IppicaBiz ” e altre ancora.

Abbiamo detto che Berti ha scritto fino a settembre di quest’anno; negli ultimi tempi (non vedendoci bene) l’ha fatto con una segretaria d’eccezione, una dei 5 figli, Cristiana, a cui Berti dettava il testo che gli veniva poi riletto dalla figlia. Ed è stata proprio Cristiana (insieme alla mamma, signora Nadine che ricordiamo insieme ad Antonio con un elegante ciuffo chignon), quando in ospedale gli hanno detto che l’emoglobina era ormai bassissima e che solo uno dei congiunti (in periodo di Covid) poteva dargli l’estremo saluto, a dire: “Come si fa a scegliere? Portatecelo a casa”. E Antonio Berti se ne è andato confortato dall’affetto della sua amata Signora Nadine, dei nipoti, di generi, nuore e dei 5 figli un po’ tutti ippici, il cronista e giornalista Vieri, il veterinario Lorenzo, Vanni che è stato valente cronista e giornalista prima di dedicarsi ad altro, Chiara che molti ricorderanno nel parterre de Le Mulina e al Visarno e Cristiana che di fatto ha collaborato con il babbo nell’ultimo periodo (un aneddoto: io per tanto tempo ho pensato che la gemella di Vanni fosse Chiara che è mora come lui e ha lo stesso identico sorriso, invece è Cristiana, rossiccia di capelli come Lorenzo). 

Ciao Antonio, per me sei stato il migliore e spero che sarai lassù a raccontare con Vivaldo Baldi e Guido Nesti 62 anni di corse de Le Mulina.